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Antiche scritture del Mediterraneo

Guida critica alle risorse elettroniche

Egiziano

a cura di: M. Betrò - D. Salvoldi


  • Presentazione
  • Le scritture
  • Approfondimenti

Antico Egiziano (2600 [3150]-2100 a.C.)

La più antica fase conosciuta della lingua egiziana. Le prime iscrizioni risalgono alla fine del IV millennio a.C., tuttavia esse consistono di nomi ed etichette: una grammatica di questa fase linguistica è organizzabile solo su documenti a partire dal 2600 a.C. La letteratura comprende iscrizioni reali e private e, dalla V dinastia, i noti Testi delle Piramidi.

 

Medio Egiziano (2100-1600 [IV sec. d.C.])

La fase classica della lingua egiziana dura circa 500 anni, anche se il Medio Egiziano resterà la lingua canonica per le iscrizioni geroglifiche fino al IV secolo d.C. La ricca letteratura di questo periodo (Insegnamenti, Autobiografie, Lamentazioni e opere narrative) venne introdotta nelle scuole e copiata da generazioni di scribi; a questo periodo risalgono anche i Testi dei Sarcofagi.

 

Neo Egiziano (1600-VII sec. a.C.)

Dal 1600 a.C. cominciò a soppiantare il Medio Egiziano come lingua parlata, anche se la piena dignità del Neo Egiziano, codificata cioè nella scrittura, si ebbe solo con l’esperienza amarniana (1350 a.C.), di cui fu il veicolo letterario prediletto. Benché discenda da Antico e Medio Egiziano, questa fase linguistica ha una grammatica sensibilmente diversa. Il testo più noto della letteratura in Neo Egiziano è L’inno ad Aten del re Akhenaten (1350-1334 a.C.).

 

Egitto: area di diffusione della lingua e della scrittura

Sebbene la lingua dei commerci internazionali e della diplomazia fosse l’accadico nel Tardo Bronzo (Lettere di el-Amarna), l’aramaico dall’Età assira e il greco in Età ellenistica, anche la lingua egiziana conobbe una certa espansione nel bacino del Mediterraneo, in particolar modo a seguito delle conquiste della XVIII dinastia in Siria-Palestina.
Oggetti decorati con geroglifici e testi sono stati trovati in diversi luoghi del Vicino Oriente, in particolare nelle città portuali fenicie (e da qui verso gli scali dell’Africa mediterranea occidentale, della Sicilia e della Sardegna e in Assiria come bottino di guerra); tuttavia essi non indicano necessariamente che la lingua egiziana fosse conosciuta in questi ambienti, se non da pochi “diplomatici”, commercianti ed eventualmente dai principi e dignitari che aspiravano ad egittizzarsi nella moda, nei costumi e, quindi, nell’uso della lingua (secondo N. Grimal i dinasti di Byblos già nel Medio Regno scrivevano in geroglifico). La presenza di iscrizioni geroglifiche nei templi nubiani e sudanesi, prima fatte scolpire dai sovrani egizi della XVIII dinastia, poi dai sovrani locali in una totale imitazione di stili, modelli e caratteristiche della regalità faraonica, chiarisce in modo esemplare come la cultura egizia, espressa anche nella sua scrittura, si proponesse come modello dominante nelle zone di influenza di quella Civiltà.
La letteratura egiziana fa più volte accenno alla conoscenza della lingua della Valle del Nilo al di fuori del territorio nazionale:

-       “Mi accolse Amu-nenesci – era il Principe del Retenu superiore (= Siria settentrionale) – e mi disse: «Starai bene con me e udrai la parlata d’Egitto»” (trad. E. Bresciani), Le avventure di Sinuhe (Medio Regno);

-       “S’insegna ai Nubiani la lingua della gente d’Egitto, e ai Siriani ed egualmente ad ogni tipo di stranieri” (trad. E. Bresciani), Insegnamento di Ani (XVIII dinastia);

-       “Il vento mi spinse alla terra di Alasia (= Cipro). [...] La [scil. la regina di Cipro] salutai e dissi alla gente che le stava accanto: «C’è uno di voi che conosca la lingua d’Egitto?». Uno di loro disse: «Io la conosco»” (trad. E. Bresciani), Il viaggio di Unamon (XXII dinastia, avvenimenti collocati però nella XXI dinastia).

Non bisogna tuttavia dimenticare che le esportazioni egiziane, al di fuori della retorica del “soffio di vita”, non comprendevano solo beni materiali (stoffe, papiro, metalli preziosi lavorati), ma anche persone: sacerdoti, medici, maghi (il che equivale ad indicare un’unica classe di persone, indistinte secondo la cultura egizia).

Al di là della presenza ‘coloniale’ dell’Egitto nel Vicino Oriente e in Nubia, la scrittura egiziana, dunque, non si trova tanto in contesti funzionali (reali scriventi geroglifico/ieratico/demotico di origine non-egizia) quanto in ambiti rituali, magici, che coinvolgono il prestigio dei dinasti locali o di semplice curiosità esotizzante. In tutto il mondo mediterraneo si trovano dunque scarabei, amuleti e statuette con iscrizioni geroglifiche, frutto di doni e scambi commerciali che coinvolgono non già il valore materiale del prodotto (metallo o pietre preziose invece di faïence), bensì il valore spirituale, immenso, che essi rivestono. Essi guariscono, proteggono, arricchiscono, rendono fascinosi coloro che li possiedono e, data la grande fama dei maghi egiziani, che tenderà a mitizzarsi sempre più col passare del tempo e dopo la conquista romana, sono preziosi, diffusissimi e molto imitati.

A Roma, a partire dalla tarda Repubblica, la moda egizia diventa imperante: acconciature, gioielli, abiti, culti misterici entrano nella Penisola e producono una cultura dell’imitazione e dell’ispirazione che perdurerà a lungo, giungendo alla massima espressione in Età adrianea: si tratta di statue egittizzanti, obelischi con iscrizioni di fantasia e imitazioni pseudoegiziane dei geroglifici. La depredazione di opere d’arte farà la sua parte, trasferendo a Roma, nel resto d’Italia, ma anche, nel Tardo Impero, verso Costantinopoli, grandi quantità di sculture, oggetti e obelischi.




Approfondimenti

  1. Bibliografia
  2. Risorse on line