Mnamon

Antiche scritture del Mediterraneo

Guida critica alle risorse elettroniche

Byblos (pseudogeroglifico)

- XXIV-XVII sec. a.C. (?)

a cura di: Paolo Merlo    DOI: 10.25429/sns.it/lettere/mnamon016
Ultimo aggiornamento: 3/2022


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Lamina "d" da Byblos


Tra il 1928 e il 1932 un piccolo gruppo di testi – redatto in una scrittura allora sconosciuta – fu scoperto negli scavi compiuti presso Biblo. La prima di queste iscrizioni fu resa nota nel 1929, ma l’edizione complessiva si ebbe solo nel 1945 ad opera di M. Dunand (Byblia Grammata, Beyrouth 1945, 71-138). La scrittura di questi testi fu denominata “pseudogeroglifica” per la vaga somiglianza dei suoi caratteri con i geroglifici egiziani. Nel 1978 Dunand integrò il corpus delle iscrizioni “pseudogeroglifiche” di Biblo con alcune altre iscrizioni mutile su pietra precedentemente non rese note (cfr. Dunand 1978). Nessuno dei tentativi di decifrazione succedutesi fino a oggi ha riscosso un favore unanime nella comunità scientifica, pertanto la scrittura “pseudogeroglifica” di Biblo deve a tutt’oggi considerarsi indecifrata.


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Indice dei contenuti

Corpus delle iscrizioni

Le iscrizioni pubblicate da M. Dunand (Byblia Grammata, Beyrouth 1945, 71-138) sono:

2 su stele frammentarie in pietra (a, g);

2 su lamine di bronzo (c, d);

4 su spatole di bronzo (b, e, f, i);

2 su frammenti su pietra (h, j) forse appartenenti alla medesima stele.

Oltre alle suddette epigrafi, altre iscrizioni (mutile) in grafia “pseudo-geroglifica” su blocchi di pietra sono state pubblicate in Dunand 1978 (k, l, m, n) contenenti sei nuovi segni.


 

 


Lista dei segni e natura della scrittura
Secondo Dunand 1945, il numero dei segni delle iscrizioni pseudogeroglifiche di Biblo è di 114. I testi più lunghi e pressoché completi, le lamine di bronzo, impiegano 74 segni diversi, mentre i rimanenti materiali (più corti e mutili) aggiungono altri 30 segni non attestati nelle lamine. 

Da tenere presente due osservazioni: i 114 segni riconosciuti da Dunand non costituiscono necessariamente l’inventario completo dei segni impiegati da questo sistema di scrittura; nel contempo, alcuni segni, considerati originariamente da Dunand come distinti, potrebbero essere valutati come varianti grafiche del medesimo segno.

La direzione della scrittura è generalmente da destra a sinistra, ma alcune spatole iscritte su ambo i lati presentano un orientamento diverso in ciascun lato, mentre la stele g presenta colonne scritte in verticale.

L’alto, ma non altissimo, numero di segni costitutivi della scrittura pseudo-geroglifica di Biblo rende impossibile che si tratti di una scrittura pienamente alfabetica o solo logografica; probabilmente si tratta di un sistema primariamente di tipo sillabico.

Datazione e contesto

Lo scopritore dei testi (M. Dunand 1978, 59), basandosi sul contesto archeologico e sul confronto con la paleografia ieratica, propone una datazione compresa tra il XIX e la prima metà del XVIII sec. a.; egli non nega però la possibilità che tali iscrizioni possano essere più recenti. Secondo Mendenhall (1985) queste epigrafi sarebbero da datare intorno al XXIV-XXIII sec. a.C., mentre secondo J. Best, sulla base della sua discutibile ipotesi di decifrazione, le tavolette di bronzo andrebbero datate ca. XVII sec. a.C. Non mancano altre ipotesi di datazione.

La forma grafica dei segni così come il contesto culturale della città di Biblo lascia ritenere che tale scrittura abbia stretti rapporti con la scrittura egiziana e forse anche con una arcaica tradizione di alfabeto lineare.


 


Tentativi di decifrazione

I primi tentativi di decifrazione da parte di Hrozný (1944) e di Dhorme (1946-48) non portarono frutto.

Dopo altri studi, il successivo tentativo complessivo di decrifazione fu compiuto da G.E. Mendenhall nel 1985 (The Syllabic Inscriptions from Byblos, Beirut, American University of Beirut, Beirut 1985) che interpretò i segni alla luce di supposti collegamenti con i geroglifici egiziani e con i caratteri fenici dalla forma simile. Secondo i presupposti di Mendenhall, la scrittura avrebbe dovuto avere al massimo una trentina di segni consonantici ciascuno con l’eventuale notazione vocalica a, i, u, per un totale di circa 90 segni. Egli operò pertanto una forte riduzione dei segni identificando 26 consonanti diverse per un totale di 63 segni. Inoltre, supponendo che la lingua fosse una forma “arcaica” di semitico nord-occidentale, pubblicò anche un tentativo di traduzione dei testi. Tale tentativo di decifrazione fu però accolto da pochissimi (p. es. da B.E. Colless) e rigettato dalla grande maggioranza degli studiosi (cfr. le recensioni al libro di Garbini, Röllig, Moran, Izre’el).

B.E. Colless ritenne essenzialmente corretta la decifrazione di Mendenhall e in una serie di articoli pubblicati in Abr-Nahrain (1992-1997) la modificò, cercando di migliorarne la traduzione.

Un diverso tentativo di decifrazione è stato compiuto da J. Best 1989, il quale associò la scrittura pseudogeroglifica di Biblo con i geroglifici egiziani e il lineare A cretese (Best 1989) e la interpretò alla luce della lingua accadica. Questa linea di interpretazione è stato seguita da F. Woudhuizen (2007) che apportò sostanziali modifiche alle ipotesi di Best, soprattutto ipotizzando l’uso di molti logogrammi. Le proposte di Woudhuizen sono state però respinte da Best stesso (cfr. Ugarit Forschungen 42, 2010, 34).

Recentemente anche G. Garbini ha proposto un suo tentativo di decifrazione partendo dal confronto con una più tarda spatola redatta in scrittura fenicia.

Attualmente, per mancanza di testi confirmatori, non è possibile accettare nessuno dei suddetti tentativi di decifrazione, né dimostrare con certezza la loro fallacia. Basti solo pensare che il testo sulla lamina c è stato interpretato come un contratto matrimoniale (Mendenhall), una dedica (Best), oppure come una ricetta contro il vomito (Garbini).