Mnamon

Antiche scritture del Mediterraneo

Guida critica alle risorse elettroniche

Messapico

- VI-II secolo a.C.

a cura di: Simona Marchesini    DOI: 10.25429/sns.it/lettere/mnamon044
Ultimo aggiornamento: 12/2022


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Blocco di pietra leccese da Ceglie (III sec. a.C.)


Introduzione e definizione
Il termine Messapico è da riferire alla lingua e all'alfabeto attestati in età preromana nella Regio II augustea Apulia et Calabria, coincidente con l’attuale Puglia, in un periodo che va dalla metà del VI fino al II secolo a.C. In senso stretto ci si riferisce però soltanto alla lingua e quindi agli alfabeti documentati nella penisola salentina.
Non è ancora chiaro se vi fosse un’unica lingua messapica parlata dal Gargano a Leuca, poiché le iscrizioni provenienti dalla Daunia e Peucezia, nella Puglia settentrionale, sono in numero ridotto e tutte databili dopo il IV secolo a.C.. L'alfabeto attestato in questa regione, attestato in forma parziale, presenta comunque delle varianti rispetto all’alfabeto del Salento, con una maggiore adesione ai tipi dell’alfabeto greco ellenistico.

Il corpus delle iscrizioni messapiche (Monumenta Linguae Messapicae = MLM), pubblicato nel 2002, riportava 545 unità epigrafiche. Alla categoria delle iscrizioni dubbie sono stati attribuiti altri 48 testi, scritti in grafie miste o con scarsa identificazione di tratti che potrebbero consentire una loro più precisa attribuzione (= MLM dubiae vel alienae). Si conoscono inoltre una trentina di monete. Dal 2002 ad oggi un centinaio di nuove iscrizioni sono state rinvenute e parzialmente pubblicate. Alcune sono ancora in corso di stampa. Esse provengono da Castrum Minervae, da Vaste e da Ostuni. In particolare, le iscrizioni recentemente rinvenute a Vaste (Mastronuzzi, Ciuchini 2011), Castro (D'Andria, Lombardo 2009; D'Andria 2021) e ad Ostuni (Poccetti 2008), hanno ribaltato la statistica delle attestazioni rispetto al 2002.

La maggior parte delle iscrizioni proviene dall'area sacra della Grotta di Santa Maria di Agnano ad Ostuni, cui segue il santuario di Atena a Castro, Roca (con le poche iscrizioni finora pubblicate a Grotta Poesia). Seguono Lecce, Alezio, Oria, Mesagne, Ceglie Messapica, Rudiae, Gnathia, Valesio e Vaste.


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Indice dei contenuti

Cronologia

La cronologia dell'epigrafia messapica è oggi assicurata da una revisione di tutti i tipi alfabetici e da un raggruppamento delle iscrizioni, operato grazie all'utilizzo di strumenti informatici, in fasi distinte (MLM 2002). Un primo risultato ha portato alla revisione del limite inferiore delle attestazioni epigrafiche, che non scende oltre il II secolo a.C. La cessazione della produzione di testi in lingua e alfabeto messapici è forse da mettere in relazione con le guerre annibaliche, che determinano nella regione sensibili cambiamenti culturali e politici ed una generale recessione nello scenario italiota, che culmina, con la lex Iulia Municipalis del 45 a.C., con la completa romanizzazione della regione.

Le fasi epigrafiche identificate sono sette, compresi due periodi di transizione tra una fase e l'altra. Per ogni fase si assiste alla scomparsa o alla forte riduzione di alcuni tipi e alla creazione di nuovi, che si assestano poi nella fase successiva. In base a queste dinamiche evolutive dell'alfabeto si sono potuti stabilire dei confini tra un periodo e l'altro e si sono potute datare le singole fasi grazie ad alcuni "marcatori" cronologici, ovvero iscrizioni ben databili in base a criteri archeologici, esterni alla stessa forma del segno epigrafico e quindi il più possibile oggettivi.

I periodi epigrafici sono così ripartiti e datati:

 

FasiCronologia
I (sperimentazione) prima metà VI-prima metà V sec. a.C.
II (transizione) seconda metà V sec. a.C.
III (stabilizzazione) IV sec. a.C.
IV (transizione) IV/III sec. a.C.
V (scomparsa tipi arcaici) III sec. a.C.
VI (stabilizzazione) III sec. a.C.
VII (fase “calligrafica”) seconda metà III-fine II sec. a.C.

Modelli alfabetici

Il modello più vicino e diretto a cui gli scrittori messapici si sono ispirati per il set di lettere impiegate nel loro alfabeto è senza dubbio quello laconico tarantino. Tuttavia, nella prima fase dell'esperienza epigrafica messapica (Ia fase), come appare dalle iscrizioni più antiche di Veretum (Patù, presso Lecce), Uria (Oria, presso Brindisi) e Cavallino (LC), alcune lettere sembrano essere forgiate su modelli alternativi (corinzio o euboico). Non è sempre facile, soprattutto nel caso di testi frammentari, distinguere le iscrizioni locali da quelle greche. Alcuni frammenti iscritti dal santuario di Monte Papalucio a Oria, o altri provenienti dalla Grotta Porcinara di Veretum, in cui l’alfabeto greco è associato al dato della produzione locale del sostegno, ci indicano una presenza di greci stanziali, che vivono a fianco delle popolazioni locali e ne adottano alcuni aspetti culturali. Nei testi indigeni alcune caratteristiche come l’incertezza del ductus, talora destrorso, talora retrogrado, con casi di bustrofedismo, o la scarsa connotazione delle lettere impiegate, sono fatti da interpretare come tipici di una fase di sperimentazione alfabetica.


L'alfabetizzazione

Le iscrizioni più antiche attestate in Messapia (a Veretum, Oria e Cavallino) presentano un carattere religioso-cultuale e provengono da contesti urbani o protourbani. Questo fa pensare che una delle cause più probabili per l'introduzione della scrittura nel mondo messapico sia stata da una parte l’esigenza di sancire in qualche modo, con atti concreti di consapevolezza etnica, gli spazi di una realtà di tipo urbano, come si osserva ad esempio a Cavallino. D'altro canto a Veretum e a Uria sono i contesti cultuali ad offrire alcuni tra i documenti scritti più antichi. Se il contenuto dei testi, dove identificabile, sembra sostanzialmente riferibile ad ambito cultuale-votivo, non mancano tra le prime attestazioni epigrafiche anche nomi personali, in particolare da contesti che possiamo definire funerario-celebrativi, come quelli dei cippi o dei semata iscritti.


Classi testuali

La maggior parte delle iscrizioni messapiche è sicuramente, come del resto accade spesso nelle attestazioni epigrafiche dell'Italia preromana, da riferire ad ambito funerario. Un secondo gruppo si può attribuire a un ambito religioso e proviene da ambiti di culto. Vi sono anche elementi architettonici, che pur essendo poco frequenti, presentano anche le iscrizioni più lunghe. A tale contesto sono da attribuire in parte anche alcuni cippi, stele e colonne, che contengono per lo più i nomi delle persone ricordate o celebrate. Infine possiamo isolare come un gruppo a sé la classe delle monete.

Purtroppo un numero consistente (quasi il 19% del totale) di iscrizioni è andato disperso rispetto alle prime, parziali pubblicazioni, oppure non è attribuibile ad alcuna delle categorie sopra elencate. Le altre classi meglio rappresentate, quella dei pesi da telaio e quella della ceramica fine, sia da mensa che votiva, si inquadrano con difficoltà in un ambito ben definito: per la ceramica fine è spesso difficile identificare l’ambito di destinazione, che oscilla tra quello votivo-religioso e quello personale. Scarse sono le iscrizioni su ceramica provenienti da tombe, come ad esempio si osserva in molti altri contesti italici (penso all’Etrusco), fatto da ricondurre a particolari usi funerari dei Messapi, che, soprattutto in età arcaica, preferiscono segnalare la sepoltura, anche se raramente, mediante semata anepigrafi, posti all’esterno della tomba. I pesi da telaio infine, classe numericamente cospicua, si inquadrano per lo più nella categoria di iscrizioni commerciali, come marchi di fabbrica, anche se non mancano esemplari con incisi nomi divini (Marchesini 1995).

Stando alla nostra documentazione si può affermare che il contesto più comunemente associato con la scrittura è quello funerario. Bisogna però avvertire del fatto che una preponderanza numerica delle iscrizioni sepolcrali è dovuta anche al fatto che per moltissimi anni le tombe hanno costituito l’oggetto principale di ricerca nell’area degli abitati messapici e che quindi i nostri dati possono essere parzialmente falsati da una esplorazione archeologica selettiva. Negli ultimi tempi infatti le iscrizioni da santuario, con i casi di Ostuni e di Castro, stanno mettendo sempre più in evidenza la classe della ceramica fine da mensa usata per dediche alla divinità.


Caratteristiche alfabetiche

Rispetto al modello laconico tarantino, di tipo “rosso” nella classificazione di Kirchhoff, l’alfabeto messapico presenta alcune modifiche e adattamenti, come di solito avviene nella trasmissione di pratiche scrittorie. Vediamole nei dettagli:

 

- eliminazione della lettera Φ (= ph greco). Negli imprestiti il segno viene realizzato con il grafema <p>: es. Aprodita;

- introduzione del segno simbolo, che appare solo in iscrizioni arcaiche con delle varianti grafematiche (simbolo, simbolo). Il segno aveva due diversi valori: /kh/ negli alfabeti greci occidentali e /ps/ in quelli orientali. Nelle iscrizioni messapiche arcaiche esso potrebbe essere stato impiegato al posto del grafema <h>. L’ipotesi più plausibile è che si tratti della resa grafica di un suono di passaggio (fricazione?) determinato dalla sequenza vocale+j. Lo fanno pensare attestazioni come Haivasimboloias Zaras (MLM 12 Bal, prima metà VI-prima metà V sec. a.C.) e Aviθas Balesimboloias Zaras (MLM 15 Bal, disco di bronzo, datazione c.s.). L’utilizzo sincronico dei due segni si spiega forse con il fatto che, mentre h (<*s) possedeva un tratto di aspirazione, il suono di passaggio tra la vocale e la sonorante /j/ era una fricazione che si è cercato di rendere con un grafema apposito.

I grafemi <simbolo> e <H> devono essere sembrati talmente vicini nella corrispondenza fonologica, da escluderne uno per ridondanza (il segno a tridente). Nelle iscrizioni recenti infatti il segno simbolo (con varianti) fu tralasciato e il grafema <H> fu generalizzato: nel III secolo troviamo Haivahias (MLM 3 Car);
- Introduzione del segno a croce <+> (scritto anche a croce di S. Andrea: <X>), che appare già nelle iscrizioni più antiche e trascrive una sibilante palatale /š/, mentre negli alfabeti greci occidentali il segno indicava /ks/;

- utilizzo di theta Θ (in laconico = /s/) per l’occlusiva dentale palatalizzata: Blatθes < *Blat-yo-s;

- aggiunta del segno a tridente a base quadrata simbolo. La lettera, presente già nelle iscrizioni più antiche (fase I), ha avuto un punto di massima diffusione tra il IV e il II secolo a.C., per essere abbandonata nel II/I sec. Il valore fonologico è incerto, perché il grafema alterna con T;

- il grafema <z> si alterna con <+> poiché il fonema /z/ viene realizzato come /s/ (spirante palatale sorda) al contatto con /t/: Dazet, (PN m.) Daštas.


Ductus e divisio verborum

Il ductus delle iscrizioni messapiche è generalmente destrorso, quindi i testi sono scritti da sinistra verso destra. Alcuni casi, soprattutto arcaici, sono scritti in boustrophedon, cioè cambiando ductus ad ogni rigo, realizzando una sorta di scrittura continua. Alcuni casi si presentano in "falso boustrophedon" cioè l'iscrizione, a fine riga, viene capovolta, quindi si continua con lo stesso ductus destrorso anche nel rigo successivo.

La scrittura messapica è realizzata solitamente in scriptio continua. In alcuni casi viene però lasciato uno spazio bianco tra una parola e l'altra. In molti casi si osserva il testo disposto in modo tale da far coincidere la fine di parola con la fine di riga.


Riferimenti bibliografici

Per quanto riguarda la bibliografia sulle fonti si può fare riferimento al contributo di Lombardo 1991 come anche al volume da lui curato nel 1992 e anche al ricco volume di Lamboley 1996; sui singoli siti si può consultare senz’altro anche la BTCG. Un ultimo quadro riassuntivo è offerto in Marchesini 2021.

Per i riferimenti statistici sulle classi epigrafiche si può vedere l’introduzione a ogni sito nel vol. I dei MLM, che contiene anche dati topografici e bibliografici specifici. Un aggiornamento sulla situazione alfabetica in Marchesini 2020.

La prima effettiva edizione dei testi messapici è dovuta a Francesco Ribezzo. Il suo corpus Corpus Inscriptionum Messapicarum (CIM) uscì a puntate nella Rivista Italo Greco Italica (RIGI). Un supplemento al CIM è costituito dal NRCIM, sempre a cura di Ribezzo. Contemporaneamente al CIM venivano pubblicati i PID, in cui J. Whatmough curava la parte relativa al Messapico. A partire dal 1965 Parlangèli pubblicava il NIM, che non è propriamente un corpus, offrendo soprattutto facsimili (e poche fotografie), ma offre un commento glottologico di tutte le voci messapiche da lui identificate. Nel 1964 C. de Simone ripubblica (= de Simone 1964), nel secondo volume dell’opera Die Sprache der Illyrier di H. Krahe, tutte le iscrizioni messapiche, fornendo anche una cronologia delle iscrizioni, basata sullo studio delle associazioni dei tipi di lettere. I molti testi messapici venuti alla luce dopo l’edizione di Parlangèli sono stati pubblicati da C. Santoro in tre volumi (cfr. apparato bibliografico Santoro 1976, 1982 e 1984).

Tutte le iscrizioni pubblicate fino al 1999, così come tutti i lemmi isolabili sono stati trattati nei due volumi dei MLM (2002), che contengono anche un inquadramento cronologico di ogni singola iscrizione ottenuto mediante seriazione alfabetica (v. appendice II). Sulla situazione alfabetica una rassegna con aggiornamenti è offerta in Marchesini 1999, 2015 e 2020.